martedì 22 dicembre 2009

Auguri!

Anche questo blog si prende una pausa per le feste di Natale!
Tanti auguri di buone vacanze, piene di allegria e di serate ludiche!
Ci ritroveremo tutti insieme dopo l'Epifania, come sempre davanti a un tabellone e in compagnia dei nostri amatissimi/odiatissimi dadi!

giovedì 17 dicembre 2009

Il "sistema Borg"

Come mi capita spesso di dire quando mi trovo a parlarne, qui Star Trek non c'entra per nulla.

Il "sistema Borg" prende il nome dal suo creatore, il prolifico Richard Borg, che nel 2000 presentò al pubblico un nuovo sistema di wargame "leggero" basato sul concetto delle attivazioni a settore. In pratica, il campo di battaglia - rappresentato mediante i tradizionali esagoni - viene suddiviso in tre settori diversi (sinistra, centro, destra) e i giocatori impartiscono i comandi alle loro unità utilizzando delle apposite carte che ricevono all'inizio del turno. Gli scontri vengono risolti mediante l'impiego di appositi dadi che riportano bandiere (infliggono un esagono di ritirata), figure del tipo di unità bersaglio (che infliggono una perdita) e altri simboli speciali che infliggono danni in presenza di determinate situazioni tattiche (presenza di leader, effetti di carte speciali, unità attaccanti particolarmente efficaci).

Il cuore del sistema è proprio questo: le carte. In base allo scenario prescelto il giocatore avrà un certo numero di carte in mano e raramente potrà fare tutto quello che vuole. Magari in un dato momento potrebbe essere favorevole un attacco dalla destra, ma la nostra "mano" ci permette solo attacchi a sinistra o al centro. Questo simula in maniera elegante i problemi di comando (non potete far scendere quella cavalleria dalle colline per assaltare le colonne di fanteria nemiche? Evidentemente quel settore non può essere raggiunto dai vostri portaordini o il comandante sta ignorando i vostri concitati comandi). Tutto questo può piacere (ai "profani", che si trovano per le mani un wargame molto accessibile che non li inonda di regole) o no (ai "veterani", che detestano l'eccessiva influenza del fattore fortuna), ma di sicuro è alla base del grande successo che hanno riscosso i titoli della serie.

I periodi storici trattati sono al momento quattro: guerra civile americana con Battle Cry di Avalon Hill (il primo della serie, troppo semplicistico e privo degli aggiustamenti successivi ma attualmente in fase di revisione per una nuova uscita), seconda guerra mondiale con Memoir '44 di Days of Wonder (il titolo di maggior successo, aggiustabile tramite le numerosissime regole opzionali proposte dai fan e corredato da più di un migliaio di scenari ufficiali e non), guerre medievali e fantasy con Battlelore prima edito da Days of Wonder e recentemente acquisito da Fantasy Flight Games (un titolo interessante che con il mazzo del "Lore" incorpora nel sistema l'elemento magico, ma che ha sofferto per una serie di espansioni non sempre all'altezza del regolamento base), guerre dell'antichità con Commands and Colors: Ancients di GMT (a detta di molti il più equilibrato e "rigoroso" della serie, supportato anche dal supplemento non ufficiale Scenario X che permette di ricreare battaglie ipotetiche e ben bilanciate con tutti i più grandi eserciti dell'antichità).

Naturalmente il sistema presenta alcuni difetti (eccessiva casualità, senso di frustrazione che a volte prende i giocatori, dipendenza dagli scenari), ma ha comunque rappresentato una svolta nel mondo dei wargames se non altro per il numero di giocatori che ha fatto avvicinare ad un genere precedentemente proibitivo: poter ricreare una battaglia emozionante, con partite che durano meno di un'ora e con un livello di plausibilità storica accettabile non è un risultato da poco. D'altronde, non si spiegherebbe altrimenti come mai i titoli di questa serie vengano contesi dai principali editori del settore.

E intanto rimaniamo in attesa del nuovo arrivo, quel Commands and Colors: Napoleonics previsto per l'autunno del 2010 e che in molti già considerano come il coronamento di un sistema di regole allo stesso tempo semplice e geniale.

mercoledì 9 dicembre 2009

Online le foto di Dadi.com 2009!

OK, sono mancato un po' da questo blog, ma non sono rimasto con le mani in mano... E quindi, ecco a voi la gallery dell'ultima Dadi.com con le foto scattate da me e da altri due valenti articolisti di Gioconomicon.
Buona visione!

martedì 10 novembre 2009

Le donne e il gioco

Il mondo del gioco intelligente è vario, multiforme e in perenne evoluzione. Fino a pochi anni fa, era un mondo piuttosto elitario, un fenomeno di nicchia riservato a pochi appassionati. Fino a pochi anni fa, era un mondo essenzialmente maschile.

Questo non certo perchè l'attività ludica sia una prerogativa degli uomini, bensì perchè i giochi stessi erano mirati a soddisfare più i gusti “bellicosi” dei maschietti (i quali, a loro volta, non si sforzavano più di tanto per “integrare” l'altra metà del cielo nelle loro partite, anzi...). In effetti, non è che le donne non siano competitive – tutt'altro! – ma difficilmente una ragazza si appassionerà per una battaglia simulata o per la ricerca della supremazia globale a suon di cannonate (ricordiamo tra le poche eccezioni degli anni passati quel Diplomacy, basato sulle macchinazioni politiche dell'Europa del primo Novecento e le cui appassionate sono infatti delle zarine/presidentesse/regine temibili!). Si tratta di competizioni dirette, banalmente “scoperte”, che mal si addicono all'istinto di maggiore socialità che in genere caratterizza le nostre signore.

Naturalmente esistevano eccezioni a questa tendenza (eccezioni che generalmente attraevano l'attenzione dei vari maschietti “single”, il cui perverso sogno segreto era avere una fidanzata che passasse le serate con loro attorno ai carrarmatini del Risiko), ma i grandi numeri parlavano chiaro: il gioco strategico e da “adulti” era un affare per uomini.

Fino a poco tempo fa, però. Perchè chiunque sia stato in una convention recente avrà notato numerose esponenti del gentil sesso affollare i tavoli dei giochi e, cosa inaudita!, in alcuni casi addirittura accanirsi attorno ad eserciti in miniatura. A cosa è dovuto tutto ciò?

La risposta è semplice: i giochi sono cambiati, soprattutto dopo l'avvento dei giochi di ruolo. Con la sua meccanica cooperativa, con la necessità di usare anche le proprie doti sociali per indirizzare il gruppo verso i propri obiettivi, con la sua carica creativa e le sue ambientazioni fantastiche, il “GdR” ha senz'altro attirato numerose ragazze (spesso ansiose di dimostrare ai “maschietti” che non sono gli unici a saper decapitare un orco con un colpo di spada o a conoscere a menadito gli incantesimi delle scuole di magia). A ciò si è unita la nuova tendenza tra i designer a sfornare giochi da tavola a loro volta cooperativi o in cui la competizione tra i partecipanti non si esplica nel danneggiamento diretto degli avversari, ma nell'occupazione di luoghi chiave, nel procacciamento di risorse economiche fondamentali (si pensi ad esempio ai celeberrimi Coloni di Catan) e nell'interazione reciproca (consiglio per gli acquisti in questo senso: l'ottimo Battlestar Galactica, davvero imperdibile, soprattutto per i conoscitori della serie!).

Ad oggi solo il wargame bi- o tridimensionale resiste come ultimo baluardo dell'esclusività maschile nel gioco, e forse proprio a causa di questa sua competitività diretta (c'è poco da socializzare quando devo decidere come distruggere quel maledetto reggimento di zombie che minaccia il fianco della mia armata...). Però, come già detto, anche quest'ultima ridotta è minacciata dall'interno da sempre più nutrite schiere di generalesse, magari attratte dall'aspetto artistico della pittura delle miniature (e, credetemi, le donne sanno dipingere come e pure meglio degli uomini!).

Tutto ciò si inserisce nell'ambito delle ben più articolate meccaniche di una “coppia ludica” (con entrambi o uno solo dei partners giocatori), sulle quali torneremo diffusamente in futuro.

mercoledì 4 novembre 2009

Bestiario ludico: Il Professore

Ce n'è almeno uno in ogni gruppo di gioco, specie se numeroso. Non sempre è il più simpatico, anzi spesso assume un atteggiamento di supponente e malcelata superiorità (“Ma giochiamo sempre alla stessa roba? Dai, proviamo questo nuovo strategico appena uscito che sono riuscito a scovare il mese scorso... Dura solo sei ore, ma ha delle meccaniche semplicissime, ve lo assicuro...”), ma allo stesso tempo è uno degli elementi più preziosi per il gruppo. La sua è una missione solenne, alla quale dedicare buona parte della sua attività ludica: lui deve “insegnare” a giocare.

Legge avidamente ogni regolamento che gli capiti sotto mano, lo assimila, lo analizza in tutti i suoi aspetti già pensando a come dovrà “divulgarlo”... la complessità delle regole non lo spaventa, anzi lo esalta nel suo afflato quasi mistico verso la diffusione ludica. Assume sulle sue spalle l'oneroso compito di spiegare, chiarificare, diffondere, far conoscere: si sente il “motore” del suo gruppo di gioco, quello che propone titoli sempre diversi, conosciuti e non, di cui decanta le somme lodi. In tutto questo, aramente si dedicherà in maniera costante ad un solo titolo, impegnato com'è a cercarne sempre di nuovi, perchè il suo divertimento maggiore non è giocare ma far giocare.

Mentre saltella da un paragrafo all'altro, da un diagramma all'altro, da un esempio all'altro, sente di assumere un ruolo positivo, un fine conoscitore che non tiene la sua sapienza solo per sé ma la condivide con chi gli sta intorno. E in effetti ha anche ragione, per quanto non sempre tali meriti gli vengano riconosciuti (lo avrete già capito che quello del “Professore” è un ludotipo molto presente in chi vi scrive...). I suoi “discepoli”, infatti, rischiano di trovare noiose tutte queste spiegazioni, fino ad arrivare al necessario ma spesso deleterio momento catartico del “Vabbè, cominciamo a giocare, così vediamo il resto delle regole mano a mano che ci serve”, spesso pronunciato dal membro più impaziente del gruppo; ciò perchè, e va detto, tutto questo afflato divulgativo non sempre si accompagna ad una grande capacità espositiva (di nuovo, il caso di chi vi scrive), e di frequente con le sue spiegazioni il Professore finisce con il complicare delle regole semplici che oggettivamente andrebbero giocate prima che spiegate.

Ma tant'è, in fondo questo è un pericolo nel quale incorre chiunque si ponga nell'affascinante ma difficile posizione del docente, nel gioco come in qualsiasi altro campo.

Resta il fatto che, seppure i suoi sforzi non siamo sempre premiati con la giusta riconoscenza, il Professore rappresenta una risorsa preziosa, una cura contro la tentazione che ha ogni gruppo di gioco di staticizzarsi sempre sul solito regolamento.

Se solo i Professori imparassero quanto è bello giocare, oltre che insegnare a farlo...

sabato 31 ottobre 2009

Le convention ludiche

Vi trovate all'interno di una scuola o di un centro sportivo, o ancora di una struttura fieristica cittadina. Attorno a voi centinaia forse migliaia di persone corrono da una parte all'altro di uno stretto corridoio, si affollano intorno a grandi tavoli ricolmi di mappe e miniature, imprecano in aramaico antico per un lancio di dadi sfortunato, salutano con gioia amici che non vedevano da tempo. Una ragazza vi mette in mano un volantino colorato, nel quale si promettono grandi sconti se visiterete lo stand 45792/bis situato nell'ala Ovest del padiglione. E improvvisamente vi accorgete che ormai si è fatto tardi, tutto sta per chiudere e che potrete tornare in quella bolgia infernale che vi piace tanto solo l'anno prossimo.

Benvenuti in una convention ludica!

Esistono due tipi di convention: quelle in cui si comprano giochi e quelle in cui si gioca e basta. D'accordo, sono il solito estremista: anche in una convention per giocatori duri e puri qualche stand commerciale ci sarà (sul quale lanciarsi a spendere centinaia di euro perché con lo sconto del 10% si risparmia un sacco...), e anche nella fiera più biecamente promozionale lo troverete un torneo o uno spazio dimostrativo in cui provare l'ultimo acquisto (che invariabilmente sarà l'ommioddioquestoèilgiocodefinitivopiùbellocheabbiamaiprovatoenongiocheròanientaltroperilrestodeimieigiorni!!!). Però, una volta varcati i fatidici cancelli capirete subito qual'è la finalità ultima di tutta la baraonda colorata nella quale siete finiti.

Le fiere “commerciali” attraggono ormai investimenti economici rilevanti e spesso sono molto affollate. Negli ultimi anni il gioco (anche aiutato da quel mondo del fumetto che gli corre parallelo e con il quale i rapporti sono spesso burrascosi) se non è diventato proprio un fenomeno di massa, non è più un passatempo riservato a pochi eletti. E così ecco che nascono eventi come la notissima Lucca Comics and Games (così grande che ormai occupa l'intera cittadina toscana, in tutti i suoi vicoli e le sue stupende piazzette medievali, con somma gioia dei suoi abitanti...) o la consolidata Romics (luogo dove i contrasti e le affinità tra "giocatori" e "fumettari" si manifestano con particolare forza...).

Le convention più puramente “ludiche” sono forse più numerose e distribuite sul territorio nazionale (fate una ricerca su Internet e potreste scoprire di averne una in arrivo proprio vicino alla vostra città) e offrono un ambiente senz'altro più rilassato e per certi versi più coinvolgente, anche se – come per tutte le iniziative basate sul volontariato – bisogna essere un po' pazienti con l'organizzazione che non può fare affidamento su grandi risorse economiche e professionali. In un esempio di spudorato interesse, cito qui quella Giocaroma alla cui realizzazione ha partecipato anche il sottoscritto e che da anni costituisce un appuntamento fisso per la Capitale.

Da queste parole vi sarà chiaro quale sia la tipologia di convention che preferisco. Non per snobismo ma per puro istinto di autoconservazione, ho deciso di tenermi lontano almeno per qualche anno dagli affollati camminamenti lucchesi: nonostante tutta la messe di incontri ed eventi speciali che si susseguono proprio in questi giorni (e che potete seguire anche "a distanza", grazie all'ottimo coverage di Gioconomicon), non riesco a concepire un appuntamento ludico in cui per provare le ultime novità o semplicemente per fare una partita devo fare a spintoni con i vicini... per questo sport mi basta la metropolitana che prendo ogni mattina per andare al lavoro.

Intendiamoci, per un vero appassionato un viaggio a Lucca (anche se spesso realizzato con un dispendio economico non da poco, tra viaggio e albergo in loco) è un pellegrinaggio ineludibile, una sorta di pausa mistica in cui si corre sovraeccitati da un tavolo all'altro del tutto dimentichi delle miserie umane (e va bene, sto esagerando di nuovo con la mistica ludica...) . Io stesso so bene che prima o poi ci tornerò, perché si tratta di un'esperienza che va fatta e ripetuta, luogo di grandi ricordi felici e anche non a cui le madeleinettes di Proust fanno un baffo.

Ma oggi come oggi, prediligo appuntamenti meno frenetici, nei quali posso più semplicemente giocare e magari scambiare due chiacchiere con la persona che ho di fronte senza dover urlare a squarciagola.

Tra poche settimane si svolgerà uno di questi eventi, la Dadi.com di Crema dedicata essenzialmente ai wargames e ai giochi storici (con un fornitissimo mercatino dell'usato, foriero di grandi occasioni!). L'ho scoperta per puro caso un anno fa e me ne sono innamorato... tanto che anche quest'anno la piana lombarda sarà teatro di una delle mie spedizioni, che ovviamente documenterò con l'immancabile servizio fotografico!

mercoledì 28 ottobre 2009

Dissociazione ludica

Quanta follia serve per giocare con regolarità e con vera passione?

Bella domanda, dalla risposta non scontata. perché se è vero che giocare richiede una buona dose di intelligenza e passione, allo stesso tempo estraniarsi del tutto dalla realtà – seppure per un periodo di tempo ben delimitato – implica un processo di distacco dalla percezione convenzionale delle cose che non è indifferente. Ed è proprio questo distacco che porta alla “vertigine” ludica, quel senso frammisto di potenza e creatività che col tempo può addirittura dare adito a fenomeni di dipendenza.

Ora, una persona con una forza di volontà nella media riesce comunque a “riaccendere” l'interruttore e comprendere che quei pezzetti di metallo che sposta su di un tavolo non sono realmente un battaglione della Guardia Imperiale o che dal tiro di dadi che sta per fare non dipende la sopravvivenza di un'intera città a lui affidata; tuttavia, la reiterazione periodica e regolare dei momenti ludici, vissuti insieme ad altri soggetti che si abbandonano anch'essi alla stessa vertigine e che quindi ne amplificano la potenza, può minare la suddetta forza di volontà e rendere assai difficile ritornare alla noiosa routine quotidiana (o quantomeno assai sgradevole).

Ciò non significa che tutti i giocatori regolari siano pazzi (almeno, non la maggior parte), proprio perché alla fine si riesce sempre a distinguere la realtà ludica da quella materiale. Si possono incontrare durante le convention o nelle associazioni tipi piuttosto strani, magari con problemi caratteriali e anche di socializzazione, ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone normalissime... tutta gente che al massimo incontrerete nel mio Bestiario Ludico, ma che in fondo è la stessa che potreste trovare in un ufficio (magari meno stressata), allo stadio (magari meno esasperata nei suoi atteggiamenti) o in un concerto musicale (magari meno rumorosa... ma non troppo...).

Però se il gioco ha alla sua base un minimo di dissociazione e se uscire da questo stato alterato di percezione richiede comunque un minimo sforzo, perché cedere a una seppur controllata follia?

Perché è salutare. Dannatamente salutare. perché è la stessa follia che fa credere che le proprie pagine possano diventare un grande romanzo, che un proprio discorso fatto in pubblico possa realmente cambiare le cose, che le proprie qualità possano essere un giorno riconosciute per quello che sono. perché questa dissociazione ci estranea da un mondo che ci impone limiti su limiti (che sono ben diversi dai doveri etici), ci ributta a terra, ci urla nelle orecchie che siamo come tutti gli altri e che non abbiamo nulla di speciale. perché questa dissociazione dà ossigeno alle nostre idee, ci fa comprendere ciò che siamo realmente e ci fa perseguire obiettivi sempre più elevati.

L'unico rischio diviene allora non quello di cadere preda della follia del gioco, ma di credere che solo nel gioco si possa realizzare appieno la propria creatività. La dissociazione ludica va certo gestita, ma va estesa ad ogni singolo momento della nostra vita, perché credere di riuscire nei propri intenti senza prevaricare nessuno in un sistema di regole condivise più che un gioco è un ottimo modo di vivere la propria esistenza.

sabato 10 ottobre 2009

Consiglio per la lettura

Piccolo consiglio per la lettura: proprio ieri mi sono imbattuto nell'edicola vicino all'ufficio in un numero di "Giochi per il mio computer" dedicato espressamente ai wargames ed ai giochi di strategia storica su PC. Allegato al numero - e scusate se è poco - troverete l'ottimo Europa Universalis III-Complete, uno dei più esaustivi (e maniacali) simulatori storici presenti sul mercato, capace di ricreare le problematiche nella gestione dei governi di più di 250 nazioni nell'arco temporale di quattro secoli e passa. Considerando che tutto il pacchetto costa 7,90 euro, direi che si può pure fare.
Torneremo sull'argomento del gioco informatico, ma per ora vi consiglio caldamente questo numero che ripercorre la storia dei principali generi del gioco simulativo con grande dovizia di particolari e anche qualche interessante aneddoto.
Unica pecca, a mio parere, un atteggiamento un po' "snobbistico" nei confronti dei giochi di strategia da tavolo, considerati come degli antenati un po' invecchiati delle loro controparti informatiche... e l'ultima paginetta dedicata a tre titoli da tavolo (peraltro importanti, come Space Hulk, Memoir '44 e Commands and Colors...) non compensa certo questi piccoli pregiudizi.
Ad ogni modo un numero da leggere per gli interessati e se non altro un'ottima occasione per provare un gioco complesso ma affascinante come Europa Universalis.

domenica 27 settembre 2009

Quando il gioco è gioco?

No, non ho fatto le ore piccole in compagnia di Marzullo e delle sue domande esistenziali (da questo punto di vista, sono più un tipo da Gabriele La Porta... sag-gez-za...). E' solo che proprio ieri, passando assieme a mio padre qualche ora in macchina di ritorno verso Roma, il discorso è caduto sull'identificazione del concetto stesso di gioco. 
Quando un gioco si può dire tale? Quando cioè un'attività umana assume la connotazione ludica e, per converso, quando un'attività umana classificata convenzionalmente come gioco non è più tale?
Complice la mia attuale lettura de "I giochi degli uomini" di Roger Caillois (edito da Bompiani), ho subito usato come pietra di paragone i giochi d'azzardo. L'antropologo francese individua quattro elementi essenziali per la definizione di "gioco" (la competizione, il caso, la maschera e la vertigine) e applica tale classificazione a molti tipi di giochi, primi tra tutti proprio quelli in cui il calcolo dei rischi si accompagna alla possibilità di un tornaconto economico personale.
Io, tuttavia, non sono del tutto d'accordo. Da questo punto di vista sono un huizinghiano convinto, un assertore cioè dell'estensione della connotazione ludica ad attività apparentemente "serie" come cultura o cerimonialità religiose nelle quali i quattro elementi di Caillois non si ravvisano o ricoprono ruoli minori, e soprattutto sostengo con forza la necessità di un "quinto elemento" ludico: la gratuità. Per Huizinga il gioco è essenzialmente attività gratuita, avulsa da scopi materiali immediati e con un fine interno a sè stesso; si gioca, cioè, per giocare, per il godimento che ci dà il gioco stesso e per il mantenimento della realtà ludica che noi stessi abbiamo creato. Inserendo tale elemento nella nostra equazione possiamo estendere - a mio parere, giustamente - il concetto di attività ludica a molti elementi della nostra vita e ravvisare proprio nel gioco la radice storica prima del nostro progresso culturale, così apparentemente "inutile" ma anche così fondamentale per la nostra esistenza.
Ma, per scendere dalle nuvole, possiamo allora dire con certezza che i giochi in cui la posta finale ha un valore materiale non sono più veri giochi? Il mercante in fiera o la tombola del Natale grazie al quale il nipotino vince al nonno una decina di euro, il torneo di giochi di carte collezionabili che dà in premio al vincitore dieci nuovi mazzi di carte, la serata al bowling con gli amici nella quale il perdente dovrà pagare da bere a tutta la comitiva non sono forse dei giochi?
Facciamo un po' di ordine. La connotazione di "gratuità" del gioco ci porta ad asserire che il gioco è un'attività a fine interno: il suo scopo è giocare, non creare qualcosa di materialmente utile o garantirsi una posizione di vantaggio. Il "profitto" che se ne ricava deve essere essenzialmente riconducibile al gioco stesso, deve essere una gratificazione commisurata alle energie spese per partecipare all'attività ludica in questione. Si viene insomma a creare un livello adeguato di profitto dal gioco, che si può anche tradurre in un corrispettivo ma dal valore prettamente simbolico (i dieci euro vinti dal nipotino a tombola, il diritto di vantarsi con gli amici perchè si sono vinte tre battaglie a Warhammer di fila, un boardgame del valore di una cinquantina di euro a fronte di un torneo durato due giorni) e non un profitto economico la cui consistenza va al di là del singolo momento ludico o delle normali relazioni interpersonali che ho con gli altri giocatori (il piatto da duemila euro di una partita di poker "pesante", il prestigio politico di aver dimostrato il proprio valore bellico alla fine di un torneo cavalleresco, giochi e miniature per il controvalore di un migliaio di euro).
La definizione essenziale può essere: "Quando il premio di un'attività ludica consiste in un vantaggio materiale sproporzionato rispetto agli sforzi spesi per la partecipazione a detta attività, o quando esso rappresenta un vantaggio che esula dai rapporti interpersonali convenzionali che legano i partecipanti tra loro, non si può parlare più di gioco ma di profitto".
Chi, come me, ha una formazione giuridica troverà in questa definizione echi del concetto civilistico di "ingiustificato arricchimento", non a caso sanzionato dal codice perchè estraneo al normale "gioco" dei rapporti economici e sociali. 
Certo non è semplice, nel mondo del gioco come in quello del diritto (straordinariamente affini, mi suggerisce il buon Huizinga), capire quando un arricchimento è ingiustificato e sproporzionato rispetto alle attività compiute da un soggetto. Applicando però tale norma con un po' di elasticità e di intuito interpretativo, ci accorgiamo che gli stessi giochi d'azzardo cessano di essere giochi quando la posta diviene "troppo alta" (un limite percepito da tutti, e il discrimine che trasforma un giocatore da "appassionato" a "professionista") ma che sono perfettamente ascrivibili al mondo ludico quando si tratta di un semplice passatempo nel quale non si rischia di perdere la camicia, o peggio...
A cosa ci serve tutto questo? Non certo a criticare a priori attività che si fanno passare per giochi ma che in realtà non lo sono (per quanto mi dia veramente fastidio che scommesse, videopoker, lotterie, casinò e affini vengano comunemente definiti "giochi"), quanto a capire quando chi ci sta intorno inizia a fare sul serio e - nel caso - quando è giunto il momento di alzarsi dal tavolo e dedicarsi ad attività realmente ludiche e soprattutto meno rischiose.

sabato 19 settembre 2009

Un bieco post di autopromozione personale e familiare!

Ariecchice qua! Giocaroma è finito, ma le gallery fotografiche (compresa quella del sottoscritto) della convention le potrete trovare qui (e non dimenticate di vedere anche le altre!).
Altra notizia di servizio, questa volta venata da un po' di sana autopromozione familiare: nell'ultimo numero di Dungeon Magazine (il 25, scaricabile qua) troverete un interessantissimo articolo di Sinclair senior (il mio papà, primo responsabile delle mie manie ludiche) sulla grandiosa esperienza di "Pergioco", la prima rivista italiana che negli anni '80 si occupava di tutto il mondo del gioco. L'articolo ve lo consiglio caldamente, perchè narra in maniera un po' divertita ma anche malinconica dei primi passi della cultura ludica nel nostro Paese: una cultura ludica alta, ragionata e sentita, portata avanti con spirito da pionieri... una cultura che ha molto da insegnare a noi giocatori di oggi.
Detto ciò, vi saluto e torno dal nuovissimo arrivato in casa: il nostro piccolo gattino Oliver. Perchè questo nome? Ma da Oliver Cromwell, eroe della Guerra Civile Inglese e Lord Protettore di Scozia e Inghilterra, nonchè primo vero artefice dell'Impero Britannico.
Io ve l'ho detto che sono malato...

martedì 1 settembre 2009

Spagna, 1811

"Il fumo dei moschetti si innalzava sopra i due carretti ricolmi di fieno, dietro i quali si intravedeva il luccichio delle bacchette che ricaricavano freneticamente i colpi successivi. Dall'altro lato della strada sterrata, rispondeva l'eco degli ordini secchi impartiti dal tenente Simmons. L'aria torrida di quell'angolo dimenticato di Spagna era già pregna dell'odore acre della polvere da sparo, conseguenza inevitabile del prolungato scontro.
Daniel si lasciò sfuggire un'imprecazione, mentre scivolava sul terreno cercando riparo dietro la collina. Una normale missione di perlustrazione, uno di quegli incarichi che sembravano fatti apposta per farti ammazzare... e quel giorno lui e gli altri uomini della sua squadra si erano imbattuti in un gruppetto di volteggiatori francesi, molto probabilmente un picchetto di avanguardia dell'armata del maresciallo Marmont, che occupava l'arida regione della Castiglia.
Spagna, Marmont, Castiglia, Wellington... tutti nomi che importavano ben poco al soldato semplice Daniel Tippett, inchiodato su quello stramaledetto pendio dal tiro dei francesi. Il tenente Simmons con il grosso della squadra li stava tenendo a bada attraverso la strada sterrata, ma un piccolo gruppetto di volteggiatori si era rapidamente portato sul fianco, nell'ovvio tentativo di aggirarli. Il caporale Becker aveva fatto le spese di questa manovra, rimanendo centrato in pieno petto da un colpo di moschetto francese e adesso due volteggiatori occupavano la piccola siepe bruciata dal sole che fino a pochi istanti prima era stata tenuta da Daniel e dai suoi compagni. Il fianco della squadra era in pericolo.
Dietro di lui, il sergente Walters urlò: "Tippett, Hastings, muovete le vostre chiappe gallesi e riprendete quella maledetta sterpaglia!"
Daniel si voltò per cercare il viso del commilitone. Nella polvere che si alzava da terra, vide solo il rosso della sua uniforme che scattava in avanti, pronto a risalire il pendio. Ansioso di menare le mani, lo seguì, correndo a più non posso.
Stava ancora salendo e i pennacchi degli shako francesi già si vedevano spuntare dietro la siepe. Daniel proseguiva sicuro, puntando in avanti il suo moschetto e contando mentalmente i secondi: era passato troppo poco tempo dai loro ultimi spari, quei due mangiarane non avrebbero avuto il tempo di ricaricare...
Due nuvole di fumo si alzarono dal piccolo roveto... una seguita da un'imprecazione per la cilecca del moschetto ricaricato troppo in fretta, l'altra seguita da un lampo metallico che attraversò l'aria. Daniel si buttò a terra, istintivamente, e si girò di nuovo verso Hastings: l'uomo era riverso a terra, agonizzante e con la bacchetta del moschetto francese piantata in gola.
L'impeto della carica era perso e il contrattacco era irrimediabilmente fallito: i francesi potevano ora limitarsi a fare il tiro al bersaglio dalla collinetta. Vedere un terzo volteggiatore francese prendere posizione dietro la siepe con il moschetto puntato su di lui fu una semplice formalità, perchè perfino un mastino come il sergente Walters era adesso costretto a ordinargli di mettersi al riparo. Il tenente Simmons, che nonostante tutto il suo sangue blu non era poi uno stupido, si stava sgolando per ordinare al resto della squadra di ripiegare nel vicino boschetto.
Daniel non attese altro. Voltò poco gloriosamente le sue chiappe gallesi e corse verso un gruppetto di alberi, inseguito dalle urla di trionfo dei francesi e dal suono dei colpi di moschetto sparati un po' a casaccio verso gli inglesi in fuga.
La solita giornata storta..."
Tutto questo grazie a una ventina di soldatini di plastica, tre dadi (grazie, amore, i dadi dell'Imperatore funzionano davvero!), una plancia di compensato di 90 centimetri di lato e qualche elemento scenico sparso... per non parlare dell'ovatta utilizzata per ricordarsi chi aveva sparato e quindi era costretto a ricaricare!
Una normale partita di prova a Song of Drums and Shakos, un regolamento per piccoli scontri a fuoco del periodo napoleonico, semplice e veloce, consigliatissimo per esperti e non. Un normale esempio di quanto si possa evocare su di un qualsiasi tavolo grazie al wargame.
Ora, dopo la partita il vero appassionato si metterà a discutere per ore sull'attendibilità storica delle regole, su quanto il sistema di attivazione dei singoli modelli rispecchi la realtà, sull'effettiva rapidità del gioco... è inevitabile, e quel sabato di Agosto lo abbiamo fatto anche noi. Ma il vero appassionato, che gli piaccia o meno un certo regolamento, si sarà divertito perchè avrà rievocato la scena di un film o di un romanzo di cui lui e il suo avversario sono gli unici autori.
Questo è il potere evocativo del gioco. Questo è il motivo per cui giocherò finchè avrò vita.

sabato 8 agosto 2009

Ferie!

Carissimi, da ieri il sottoscritto è ufficialmente in ferie! Di conseguenza, anche questo blog si prende una pausa fino all'inizio di settembre.
Colgo l'occasione per augurarvi una felice estate (ludica e non) e per ricordare, a chi vorrà, il grande appuntamento del rientro: Giocaroma 2009, il 12 e 13 settembre!
Bye bye!

martedì 28 luglio 2009

Giocatori di tutto il mondo, unitevi!

Da bravo appassionato di wargame tridimensionale, storico e non (con spada, moschetto, fucile mitragliatore o cannone laser non importa... basta che si menino le mani!), seguo con assiduità diverse riviste del settore e tra queste anche l'immancabile White Dwarf, il periodico della Games Workshop. Nonostante in alcuni numeri esageri un po' con la quantità di articoli di promozione del supplemento o delle miniature del mese, mi sento di consigliarla caldamente non solo per le belle illustrazioni e i suggerimenti modellistici, ma soprattutto per la rubrica "L'Alfiere" tenuta da Jervis Johnson e dedicata alle riflessioni sul mondo del gioco e anche sulla sua filosofia.

Nel numero di Luglio, Johnson tratta - forse in termini un po' troppo idilliaci - del "cameratismo" che si viene a formare tra i giocatori, specie quando questi si conoscono in giovane età e compiono assieme i primi passi in questo universo affascinante ma anche molto complesso. Dicevamo un'esposizione un po' idealizzata, perché se è vero che attorno al tavolo da gioco nascono grandi e lunghe amicizie, è anche vero che un gruppo di giocatori rimane comunque un agglomerato di persone con caratteri discordanti, abitudini incompatibili, modi di vedere il mondo e le relazioni interpersonali spesso incompatibili. Un'ottima ricetta, insomma, per la solita razione di litigate e discussioni che ognuno di noi ha avuto modo di provare nella vita.

In aggiunta a ciò non dobbiamo dimenticare una certa tendenza alla iper-specializzazione della quale soffrono un po' tutti coloro che si accostano ad un hobby così particolare come il nostro: le relazioni tra giocatori o tra membri di un club di gioco nascono proprio in base all'attività ludica e talvolta lì si esauriscono, non sempre traducendosi in rapporti di conoscenza fondati su affinità reciproche.

Il che non significa, però, che i giocatori siano gente ossessionata unicamente dall'ultimo boardgame arrivato in negozio o che il loro universo cominci e finisca nell'ambito di un tiro di dadi. Più semplicemente si tratta di persone che hanno in comune una passione poco comune, che richiede tempo e anche un po' di disponibilità economica, che tende a creare per sua stessa natura (abbiamo già discusso della "ritualità" del gioco) un mondo a parte.

Il "cameratismo ludico" è dunque non una conseguenza scontata dell'attività ludica, ma una concreta e auspicabile possibilità... soprattutto, un requisito non sufficiente ma necessario per provare appieno la gioia del gioco e il suo significato conviviale più vero: creare una comunanza di emozioni tra persone spesso molto diverse tra loro.

PS: I famosi dadi napoleonici sono arrivati, grazie al mio amore! Per i curiosi, la foto è sul mio profilo Facebook! ^___^

sabato 18 luglio 2009

I dadi sono tratti...

Lo ammetto, soffro di feticismo.
Per quei piccoli, dannati, adorabili cubetti di plastica con dei puntini incisi sulle loro faccette colorate. Per quegli aggeggi che rotolano sul tavolo da gioco e che finiscono sempre con il segnare l'unico punteggio sfavorevole che poteva uscire, che se ne fregano delle leggi della probabilità e freddano con la precisione di un cecchino svizzero le tue speranze di vittoria.
Dadi maledetti, io vi odio. E vi amo.
Ne ho decine, centinaia a casa. Oggi dall'Inghilterra mi è arrivato un set che riporta sulle facce il simbolo dei Desert Rats britannici; andrà a fare buona compagnia al set con la croce teutonica della Wehrmacht e a quello con lo stellone americano.
E se qualcuno mai riuscirà a trovare su eBay, in un negozio o dove altro un set di dadi che riporti la N imperiale dell'Empereur des Français, il Grande Corso, mi faccia un fischio. Invierò subito il mio plotone di Volteggiatori a conquistarlo!
PS: Abbiate pazienza. E' sabato pomeriggio e fa molto caldo.

mercoledì 15 luglio 2009

Giochi di Luce 2009!

Alcuni di voi lo sanno già, ma il sottoscritto - nell'ambito della convention "Giocaroma 2009" - gestisce assieme ad altri amici un piccolo concorso fotografico chiamato"Giochi di Luce".
Il tema è ovviamente il gioco in ogni sua forma e manifestazione, ma quest'anno abbiamo deciso di suggerire un ambito più specifico: "Dimmi come giochi...".
Per partecipare basta inviare le proprie foto (al massimo 5) a giocaroma.giochidiluce@gmail.com. Tra tutte le foto ricevute verranno scelte venti immagini che saranno esposte durante la manifestazione e che concorreranno per due premi, il Premio della Giuria e il Premio del Pubblico.
Qui di seguito vi riporto il regolamento completo, con tutte le informazioni del caso.
Buona fortuna a tutti coloro che vorranno cimentarsi nella competizione!

2° CONCORSO DI FOTOGRAFIA LUDICA

"GIOCHI DI LUCE"

1. La manifestazione ludica "Giocaroma 2009" bandisce il 2° Concorso di Fotografia Ludica "Giochi di Luce", aperto a tutti gli appassionati del gioco e della fotografia.

2. Il tema del concorso del 2009 è "Dimmi come giochi...": la cultura ludica vista in ogni suo aspetto, dalle convention ai materiali di gioco, dallo stile di vita dei giocatori a tutto ciò che - in un modo o nell'altro - fa gioco, visto nelle sue modalità di svolgimento e nell'ottica di attività di relazione interpersonale.

3. Per prendere parte alla competizione, gli interessati dovranno inviare, entro e non oltre la mezzanotte il 5 settembre 2009, le loro fotografie in formato digitale JPEG e in risoluzione minima di 120 dpi via posta elettronica all'indirizzo giocaroma.giochidiluce@gmail.com oppure pubblicarle sull'apposita pagina del gruppo Facebook “Giochi di Luce 2009”. Nella comunicazione dovranno essere altresì indicati chiaramente il nominativo dell'autore, il titolo della fotografia e la data dello scatto.

Tutte le fotografie che non soddisferanno integralmente tali requisiti verranno escluse automaticamente dal concorso. Sono altresì escluse le immagini già inviate in occasione delle precedenti edizioni del concorso.

L'indirizzo di posta elettronica dal quale è avvenuto l'invio delle immagini verrà utilizzato per ogni ulteriore comunicazione relativa al concorso.

4. Il partecipante garantisce di essere l'unico ed esclusivo autore delle immagini inviate. Ogni partecipante potrà inviare al massimo cinque fotografie.

5. La partecipazione è totalmente gratuita e il concorso ha valenza puramente amatoriale.

6. Una volta inviata, la fotografia verrà esaminata dalla Giuria del concorso che selezionerà per la fase finale venti immagini, le quali verranno stampate su carta fotografica in dimensioni adeguate alla risoluzione originaria ed esposte al pubblico nell'ambito della manifestazione "Giocaroma 2009" nei giorni 12 e 13 settembre. La Giuria si riserva tuttavia di variare il numero delle immagini ammesse laddove ciò si renda necessario con riguardo al numero delle immagini pervenute.

Gli autori delle fotografie ammesse alla fase finale riceveranno un'apposita comunicazione via posta elettronica.

7. Tutti i partecipanti alla manifestazione "Giocaroma 2009" potranno indicare mediante un apposito modulo la propria preferenza per una delle immagini esposte. Tali votazioni formeranno la classifica finale che determinerà i vincitori del Premio del Pubblico. In aggiunta, la Giuria selezionerà tra le immagini ammesse alla fase finale una fotografia di particolare pregio tecnico-artistico e che rappresenti con particolare efficacia il tema del concorso, alla quale sarà assegnato il Premio Speciale della Giuria. A chiusura della manifestazione avranno luogo le premiazioni. I partecipanti alla fase finale riceveranno inoltre via posta una specifica comunicazione della classifica finale.

8. Ogni partecipante al concorso:

    - dichiara di possedere tutti i diritti sulle fotografie inviate e sulle loro eventuali rielaborazioni successive;

    - è personalmente responsabile del contenuto delle fotografie inviate;

    - conserva la proprietà delle fotografie inviate, ma cede temporaneamente i diritti d'uso delle immagini alla manifestazione "Giocaroma 2009", pur se unicamente ai fini dell'espletamento del concorso fotografico (al termine di detto concorso, tutti i diritti relativi alle fotografie inviate tornano in capo al loro legittimo autore).

9. Ai sensi degli artt. 7 e 13 del Dlgs n. 196/2003 (tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali) la detenzione e il trattamento dei dati personali dei partecipanti avverranno unicamente ai fini del concorso stesso e tali dati verranno cancellati al termine della rassegna.

10. La partecipazione al concorso implica l'accettazione integrale del presente regolamento.

mercoledì 8 luglio 2009

Eventi ludici in arrivo!

Bling blong! Comunicazione di servizio!
La vita ludica della Capitale verrà a breve allietata da due grandi eventi!
Il primo è il Campionato Europeo Individuale della International Wargame Federation, che si terrà dal 9 al 12 luglio (quindi a partire da domani!) nella prestigiosa cornice di Castel Sant'Angelo. L'evento ospiterà tornei, dimostrativi, conferenze, stand commerciali e vedrà la aprtecipazione anche di Reindeer Corporation e Ludico Imperio nelle serate di venerdì e sabato. Una grande occasione che vede il wargame e tutto il gioco inteligente nuovamente alla ribalta nella Capitale!
Il secondo è il mitico GiocaRoma, convention ludica fatta dai giocatori per i giocatori, che quest'anno si svolgerà il 12 e 13 settembre presso la Polisportiva Tellene (via Aldo Fabrizi 80, zona Spinaceto). Anche in questo caso, giochi, incontri, tornei e... una sorpresa che sarà gestita dal sottoscritto, dopo la felice esperienza dell'anno passato!
Quindi, Roma è pronta a giocare... e voi?

domenica 28 giugno 2009

Il culto dell'esagono

I giocatori più “sfegatati” hanno due figure geometriche che rivestono un'importanza quasi mistica nella loro esistenza: il cubo dei dadi e l'esagono delle mappe.

Questa pitagorica tendenza alla venerazione di tali figure deriva dalla frequenza con cui esse compaiono nella loro vita ludica.

Tralasciando per il momento il volubile e anti-probabilistico dado (anti-probabilistico nel senso che un dado, se ha deciso di fare 1 per tutta una serata, lo farà indipendentemente dal numero di tiri effettuati), concentriamoci su quell'esagono così familiare ai giocatori di wargames ma non solo.

Ispirati dalla saggezza della natura che proprio con gli esagoni costruisce quelle meraviglie dell'ingegneria che sono gli alveari e frustrati dai continui problemi di gestione dei movimenti posti dai più semplici e rozzi quadrati, i creatori dei primi wargames si rivolsero a questo poligono e ai suoi sei lati capaci allo stesso tempo di fornire una gamma sufficiente di variabili nei movimenti e negli orientamenti delle unità e di rappresentare con la loro griglia le caratteristiche salienti di qualsiasi terreno. Tanto che perfino oggi, in un'oscura epoca in cui i wargames su tabellone sono riusciti a salvarsi da un inarrestabile declino solo grazie ad una loro progressiva ghettizzazione sui tavoli di pochi e irriducibili appassionati (indovinato, io sono tra quegli irriducibili...), l'esagono continua a dare sfoggio delle proprie virtù in giochi a larga diffusione in cui sia necessario costruire una mappa senza eccessive complicazioni.

Già, perchè per quanto sia bello poter muovere liberamente le proprie truppe o “schiccherare” i propri calciatori di Subbuteo senza una griglia prestabilita, i giochi che riconducono i movimenti dei pezzi in una griglia esagonale risolvono d'un colpo una buona parte dei tipici problemi di complessità di qualsiasi regolamento (passa una bella differenza tra “I miei arcieri possono tirare contro... cosa vuol dire che non li vedono perchè i bersagli sono sul loro fianco? Misura meglio l'angolo di tiro... no, non dai centri delle unità ma dai bordi come è scritto a pagina 37, nella sezione del tiro a distanza!” e “Ok, sei a tre esagoni di distanza nel mio arco frontale e visto che i miei arcieri sono armati di archi lunghi tirano tre dadi per colpirti”). Certo, talvolta la battaglia diviene un po' “meccanica” per colpa di coloro che passano tutta la partita a determinare a quanti esagoni possono posizionarsi, calcolando le distanze di tiro, i fattori di movimento e quelli di combattimento di tutte le unità con quattro turni d'anticipo (ma anche nel wargame tridimensionale esistono i famigerati “contatori di centimetri”!); però la battaglia va avanti, con geometrica e indubitabile chiarezza.

Insomma, l'esagono è vivo e lotta insieme a noi, continuando ad essere ormai da mezzo secolo un vero e proprio simbolo del gioco intelligente.

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