No, ho deciso che questo non sarà il solito articolo che vi spiega cosa sia un gioco di interpretazione. Né una dotta disquisizione sulle sue origini nella psicanalisi o ancora una recensione dei principali titoli del settore disponibili a chi voglia accostarsi a questo universo così affascinante. Né infine una polemica sui loro rischi, sui danni che un'eccessiva immedesimazione in personaggi e luoghi di fantasia possa arrecare a dei giovani ancora in età formativa.
Ciò che queste parole vogliono essere invece è una raccolta delle emozioni che il solo termine “gioco di ruolo” suscita in chi vi scrive, alla ricerca delle ragioni che determinano un tale coinvolgimento in chiunque abbia vissuto compiutamente almeno una sessione di gioco.
Per cominciare, se non avete mai giocato di ruolo, immaginate che invece di stare fermi a giocare una partita di scacchi con le vostre pedine ben disposte sul tavolo, per un qualsiasi motivo voi stessi diventiate una di quelle pedine, impegnata in un'aspra lotta tra la vita e la morte. Siete un pedone, avete poche armi e siete attorniati da nemici più numerosi e potenti di voi. Però dalla vostra avete la possibilità di abbattere anche il più potente dei guerrieri nemici con una manovra astuta o con un colpo ben assestato... e intorno a voi i vostri amici, le altre pedine, combattono al vostro fianco ognuno con le sue abilità e le sue debolezze. La partita ha inizio e siete proprio voi a dover fare la prima mossa.
In un gioco di ruolo si impersona qualcun altro in un altro mondo, con un altro carattere e con un'altra storia, con altri obiettivi e con altre paure. Ci sono delle regole, e possono anche essere numerose, ma sta a voi e alla vostra inventiva piegarle ai vostri scopi, risolvendo enigmi, superando combattimenti, smascherando complotti e vivendo grandi avventure.
Eccitante? E' dir poco. Soprattutto se lo si vive in maniera seria (naturalmente senza esagerare... come purtroppo accade talvolta) creando un proprio personaggio complesso, intrecciando relazioni di ogni tipo (amicizia, odio... amore?) con gli altri giocatori, vivendo il mondo altro in cui si viene catapultati partita dopo partita. E non è facile distaccarsi da questa immane opera creativa, ricordarsi una volta finita la serata che quel mondo non esiste, che nella realtà non si è il prode cavaliere o il misterioso incantatore ma che anzi proprio costoro (che spesso sono delle raffigurazioni di vite diverse che vorremmo vivere ma alle quali non siamo giunti nel nostro percorso personale) dipendono da noi e da quella scintilla di immateriale che ci permette ancora di sognare.
La storia va avanti. C'è un narratore che la racconta e che stabilisce l'esito delle vostre azioni, ma voi decidete cosa accadrà e ne scoprirete tutti i più reconditi intrecci. Anche al di là della scheda che definisce in maniera aridamente numerica quanti sortilegi potete lanciare, quali tipi di circuiti di navigazione interstellare siete in grado di riparare o quanto siete conosciuto dalla malavita di una certa città.
Il gioco di ruolo, quello vero, porta il giocatore anche al di là delle regole stesse. Lo porta a interrogarsi sul perchè di quelle regole stesse, plasmandole intorno a sé e al proprio comportamento nel corso della partita.
Il tutto, perchè no, alla ricerca di un nuovo angolino di noi stessi che rimaneva ancora inesplorato.
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