giovedì 3 febbraio 2011

Scacco matto!

Invariabilmente, quando confesso a qualcuno la mia oscura passione per i wargames, la reazione (quando il poveretto non scappa via urlando...) è la seguente:


"Ma allora ti piaceranno gli scacchi! Sono il gioco bellico per eccellenza!"

BEEP!!! Sbagliato su entrambi i fronti!

Primo, gli scacchi non mi piacciono. So giocarci, ci gioco da quando ho otto anni, non mi sono mai mancate le occasioni per giocarci da solo o con altri. Eppure, tendenzialmente li detesto. Li trovo noiosi, eccessivamente meccanici e francamente poco interessanti dal punto di vista ludico (un gioco per due persone basato su meccaniche ad esito fisso mi sembra fare a cazzotti sia con il concetto di alea che con quello di vertigine... non mi ricordo se vi ho parlato di I giochi e gli uomini di Caillois, magari visto in correlazione con l'Homo Ludens di Huizinga, ma ci ritorneremo in futuro).

Secondo, sfatiamo il mito che gli scacchi siano una rappresentazione adeguata di uno scontro armato. Sicuramente nelle sue varie incarnazioni nel corso dei secoli, questo gioco ha cercato di rappresentare in maniera quasi ritualistica ciò che succede sul campo di battaglia. Ma ogni giocatore sa (o dovrebbe sapere) che c'è una bella differenza tra "rappresentare" e "simulare".

Gli elementi che impediscono agli scacchi di rientrare nel novero delle consim (o conflict simulations, le "simulazioni di conflitto") sono svariati. 

Innanzitutto, la lacuna più evidente è la totale assenza dell'elemento casuale. Come la rigiriate, se messo nella posizione giusta un pedone riuscirà inevitabilmente ad eliminare un cavallo, una torre o - nei casi limite - perfino il re avversario. Sostenere che una cosa del genere possa accadere con la stessa granitica certezza anche in un campo di battaglia - cioè, ad esempio, che il più umile battaglione di fanteria possa rendere del tutto inoffensiva una formazione di cavalleria semplicemente attaccandola - significa non conoscere la storia militare. Certo, determinate unità riusciranno più facilmente ad infliggere un certo livello di danni e gli esiti di alcune situazioni tattiche saranno realisticamente prevedibili, ma la guerra rimane pur sempre un'arte (per quanto dai risultati molto discutibili...) e non una scienza esatta.

Un altro motivo di inadeguatezza simulativa è l'assoluta mancanza di differenze tra le unità dello stesso tipo. Tutti i pedoni si muovono allo stesso modo, tutti i cavalli possono scavalcare le altre pedine, tutte le regine possono effettuare la mossa che vogliono (cavallo escluso). Non esistono differenze di addestramento, di armamenti, di capacità di comando. Nulla, tutti sono degli automi che si muovono a comando quando vogliamo noi, vanno dove vogliamo noi e combattono come vogliamo noi. Il fatto che anche le unità dell'avversario seguano questa regola di base non riequilibra la situazione, ma al contrario ci allontana ancor di più dalla realtà, rendendoci perfettamente prevedibili e calcolabili le sue contromanovre.

Ancora, date un'occhiata alla scacchiera. Piatta, liscia, perfetta. E quindi per nulla plausibile come campo di battaglia. Caratteristiche del terreno, situazione meteorologica, ampiezza del fronte, lunghezza delle linee di comunicazione e rifornimento... tutta questa roba esiste e si sente in una battaglia. Mostratemi un singolo scontro nel quale tutto ciò non ha influito in una qualche misura sul risultato finale o anche solo sulle strategie impiegate: si tratterà probabilmente di una battaglia combattuta su di un altro pianeta in un'altra dimensione (o di una battaglia tratta da un orrido romanzetto féntasi italiano, vero Zwei? ^___-).


Il deserto. Nel deserto fa caldo e il sole può accecare chiunque, per non parlare delle nubi di sabbia. La temperatura e la posizione relativa del sole possono influire radicalmente sulle capacità operative delle truppe. Di conseguenza, caldo e sole sono elementi che influiscono sull'esito di uno scontro, anche nel deserto più piatto del mondo. Anche come simulazione della guerra nel deserto gli scacchi falliscono miseramente.


Un altro problema è rappresentato dall'obiettivo principale del giocatore di scacchi, o meglio dal suo unico obiettivo: eliminare il re dell'avversario. Chi se ne importa se per farlo abbiamo perso la quasi totalità del nostro esercito e compromesso la nostra posizione strategica, abbiamo ucciso quel bastardo! Evviva... Ora, anche se in alcuni casi la soppressione fisica o la cattura del comandante nemico poteva costituire un obiettivo strategico di grande rilevanza (pensate ad un'armata macedone che si ritrova senza Alessandro nel bel mezzo di Gaugamela o ancora ad un esercito francese ad Austerlitz colpito all'improvviso dalla notizia della morte del suo Imperatore), sono davvero poche quelle battaglie che vengono combattute appositamente per decapitare le forze avversarie e ancora meno quelle che terminano all'improvviso qualora si verifichi un'eventualità del genere.


Sir Arthur Wellesley, Duca di Wellington (1769-1852). All'inizio della battaglia di Waterloo, fu avvicinato da un artigliere che sosteneva di poter colpire Napoleone mentre questi stava passando in rassegna le sue truppe. La sua risposta fu glaciale: i comandanti in capo hanno di meglio da fare che spararsi l'un l'altro. Forse non aveva giocato abbastanza a scacchi...


Insomma, se davvero vogliamo trovare un omologo ludico al wargame non dovremmo cercarlo in mezzo a torri ed alfieri, ma magari tra le picche e i cuori del Bridge. Un buon giocatore di questo immortale gioco di carte deve infatti destreggiarsi tra risorse limitate, influenza del caso, individuazione degli obbiettivi effettivamente raggiungibili, imprevedibilità del mutare della situazione... tutte cose che suonano fin troppo familiari a  un comandante militare! (L'idea di considerare il Bridge come analogia di uno scontro armato non è mia, ma di una persona che conosco molto bene. Se ancora trovate in giro una delle rarissime copie de Le guerre di carta, scritto nel 1979 da mio padre per l'Editore Guida, compratelo subito... e leggete a chi è dedicato... ^__-).


Ok, gli scacchi non sono un wargame e nemmeno una simulazione di conflitto militare credibile. L'astrazione è eccessiva e snatura troppo la materia che ne costituisce l'oggetto. Ma come gioco in assoluto?


Sono semplicemente geniali. Solo che, come molte cose geniali, sono anche estremi. Siamo alle solite: alcuni titoli, pur oggettivamente molto belli, possono non piacere per nulla a certi giocatori a causa di alcune loro meccaniche di base che li contraddistinguono ma che li allontanano dai gusti di tutti.


Anche la parmigiana di melanzane si sviluppa a partire da un concept geniale, ma non a tutti piac... ok, esempio sbagliato...


Il mio problema è che sono consapevole di tutto questo, so bene che gli scacchi valgono moltissimo da un punto di vista ludico! Rappresentano un punto di equilibrio praticamente irraggiungibile, un'esperienza ludica che se apprezzata in pieno può regalare grandi soddisfazioni intellettuali e strategiche. Ma è un'esperienza ludica che non mi interessa, nonostante ogni tanto io stesso riprovi ad avvicinarmici.


Una possibile risposta a questo stato di cose c'è. Si chiama Knightmare Chess ed è un simpatico giochino che rientra nel grande novero dei titoli in mio possesso ma mai provati. L'idea di base è semplice: si gioca a scacchi normalmente, ma con un piccolo e apparentemente innocuo - oltre che ottimamente illustrato! - mazzo di carte a lato. Delle carte che, pescate e giocate dai due avversari, stravolgono letteralmente le regole del gioco.


E così, pezzi eliminati tornano in campo, le mosse vengono modificate o addirittura scambiate, gli scontri possono risolversi con l'eliminazione dell'attaccante ad opera di un difensore particolarmente valoroso o addirittura la scacchiera stessa si può trasformare in una gigantesca trappola, perdendo intere file di caselle o cambiando orientamento.


Il risultato, apparentemente caotico, è un gioco di scacchi in cui nulla è più prevedibile e in cui, paradossalmente, si possono vedere in azione tutte le capacità strategiche dei giocatori, non solo quelle legate al semplice calcolo razionale.


Se Knightmare Chess garantisse davvero quello che promette e che leggo in giro nei forum, potrebbe essere la tanto cercata soluzione al mio tormentato rapporto con uno dei giochi più antichi del mondo.

3 commenti:

  1. Condivido il tuo parere, gli scacchi sono di tutto tranne una simulazione bellica, e la "prevedibilità" delle mosse è confermata dalla miriade di pubblicazioni dedicate a aperture, posizione e simili... perché, altra grande differenza, le possibili varianti in una partita a Scacchi sono finite. Certo sono moltissime, ma un giocatore molto bravo può, di fatto, impostare tutta la partita dalle prime mosse.

    Quando capita proviamo Shuuro.

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  2. Shuuro mi incuriosisce tantissimo! Sai bene quanto io sia fan del buon Cavatore! ^___-

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  3. A me gli scacchi piacciono, ma condivido il discorso sulla prevedibilità... Volendo esistono però gli scacchi eterodossi, senza bisogno di mettere mazzi di carte. Ad esempio, sorteggia la posizione iniziale, e bye bye alle librerie di aperture!

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