I giocatori più “sfegatati” hanno due figure geometriche che rivestono un'importanza quasi mistica nella loro esistenza: il cubo dei dadi e l'esagono delle mappe.
Questa pitagorica tendenza alla venerazione di tali figure deriva dalla frequenza con cui esse compaiono nella loro vita ludica.
Tralasciando per il momento il volubile e anti-probabilistico dado (anti-probabilistico nel senso che un dado, se ha deciso di fare 1 per tutta una serata, lo farà indipendentemente dal numero di tiri effettuati), concentriamoci su quell'esagono così familiare ai giocatori di wargames ma non solo.
Ispirati dalla saggezza della natura che proprio con gli esagoni costruisce quelle meraviglie dell'ingegneria che sono gli alveari e frustrati dai continui problemi di gestione dei movimenti posti dai più semplici e rozzi quadrati, i creatori dei primi wargames si rivolsero a questo poligono e ai suoi sei lati capaci allo stesso tempo di fornire una gamma sufficiente di variabili nei movimenti e negli orientamenti delle unità e di rappresentare con la loro griglia le caratteristiche salienti di qualsiasi terreno. Tanto che perfino oggi, in un'oscura epoca in cui i wargames su tabellone sono riusciti a salvarsi da un inarrestabile declino solo grazie ad una loro progressiva ghettizzazione sui tavoli di pochi e irriducibili appassionati (indovinato, io sono tra quegli irriducibili...), l'esagono continua a dare sfoggio delle proprie virtù in giochi a larga diffusione in cui sia necessario costruire una mappa senza eccessive complicazioni.
Già, perchè per quanto sia bello poter muovere liberamente le proprie truppe o “schiccherare” i propri calciatori di Subbuteo senza una griglia prestabilita, i giochi che riconducono i movimenti dei pezzi in una griglia esagonale risolvono d'un colpo una buona parte dei tipici problemi di complessità di qualsiasi regolamento (passa una bella differenza tra “I miei arcieri possono tirare contro... cosa vuol dire che non li vedono perchè i bersagli sono sul loro fianco? Misura meglio l'angolo di tiro... no, non dai centri delle unità ma dai bordi come è scritto a pagina 37, nella sezione del tiro a distanza!” e “Ok, sei a tre esagoni di distanza nel mio arco frontale e visto che i miei arcieri sono armati di archi lunghi tirano tre dadi per colpirti”). Certo, talvolta la battaglia diviene un po' “meccanica” per colpa di coloro che passano tutta la partita a determinare a quanti esagoni possono posizionarsi, calcolando le distanze di tiro, i fattori di movimento e quelli di combattimento di tutte le unità con quattro turni d'anticipo (ma anche nel wargame tridimensionale esistono i famigerati “contatori di centimetri”!); però la battaglia va avanti, con geometrica e indubitabile chiarezza.
Insomma, l'esagono è vivo e lotta insieme a noi, continuando ad essere ormai da mezzo secolo un vero e proprio simbolo del gioco intelligente.