No, tranquilli, non ho deciso di dare una svolta "a luci rosse" al blog. Nè tantomeno mi sono scordato della sua esistenza, visto che non lo aggiorno da più di una settimana.
E' solo che, oltre ai normali impegni di vita/lavoro/relazioni sociali, questi giorni mi hanno visto occupato nell'attività ludica che forse preferisco: prepararmi a giocare.
Sì perchè, con l'attesissima uscita del nuovo regolamento "Guerra dell'Anello" della Games Workshop, sia io che altri ci siamo messi nelle ultime settimane a comprare, montare, pitturare, rifinire le nostre amate miniature tolkieniane perchè possano dare mostra di sè sul campo di battaglia. E questo mi dà lo spunto per trattare di questa strana fissazione dei giocatori, che molto spesso prende più tempo dell'atto ludico in senso stretto, ossia la partita vera e propria.
Il giocatore medio passerà giorni e giorni a studiare un nuovo regolamento, a staccare i segnalini di cartone dai fogli perforati, ad osservare estasiato la bellezza delle mappe e dei materiali di gioco. Per non parlare poi di quelle povere anime in pena che sono i giocatori di wargames, con le loro tonnellate di miniature che languono in cantina e negli armadi e che, un po' alla volta, vengono dipinte e fatte oggetto di attenzioni quasi paterne.
La preparazione al gioco fa parte del gioco stesso e anzi ne è una componente essenziale. Il piacere di pregustare una partita, organizzare la serata, predisporre il tabellone nella maniera corretta per il primo turno (il cosiddetto "setup"), conservare nel tempo i propri pezzi rappresenta per il giocatore un gusto indicibile.
Rientra tutto nell'assoluta complessità e "formalità" dell'attività umana apparentemente più inutile, il gioco appunto, che agli occhi dei non giocanti può apparire come una specie di follia. Al contrario, però, ha una sua razionalità (ovviamente "interna", cioè percepibile solo a chi del gioco è parte attiva) e può essere ricondotta in quell'ambito di "sacralità" del gioco di cui ci parla il nostro caro amico Huizinga nell'Homo Ludens (se volete capire veramente quale sia il significato del "gioco", vi consiglio caldamente di leggere questo agile e gradevolissimo saggio). Il gioco delinea uno spazio chiuso nei confronti dell'esterno, segue regole assolute e indiscutibili (se non si seguono più le regole condivise da tutti, non c'è più gioco ma solo disordine e sopraffazione reciproca) e richiede l'espletamento di una sorta di rituale noto a tutti i partecipanti. Ritorneremo su questo carattere forse un po' esoterico dell'attività ludica, ma per ora basti notare quanto sia evidente la necessità di una consapevole azione preparatoria all'esecuzione di tali "cerimonie"; il rito del gioco è complesso, e tutti devono conoscerne a menadito la liturgia soprattutto coloro che lo compiono più spesso.
Ora, non spaventiamoci, decidere di fare una partita a Subbuteo non significa certo fare un sacrificio agli dei (anche se in molte civiltà il gioco è senz'altro un atto sacro e viene accompagnato ai riti più importanti). E' però innegabile che tutti i giocatori, chi più chi meno, sono portati a mettere in atto delle azioni di preparazione al gioco e di cura affinchè esso si svolga nel pieno rispetto delle regole.
Con loro somma soddisfazione, peraltro!
Beh questo è un pò il discorso rese celebre nel "Sabato del Villaggio", in cui ben si capisce come spesso la preparazione a una attività sia quasi più bella dell'attività stessa.
RispondiEliminaNello specifico del Wargame poi in realtà si può considerare un insieme di hobby, visto che la pittura di figurini, il collezionismo, e il modellare elementi scenici sono tutti hobby completi da soli, quindi praticamente avere come hobby il wargame vuol dire avere almeno tre hobby complementari.